Segnalo una comunicazione del SILF/SLC/CGIL, il sindacato di categoria dei settori Fumetto, Illustrazione, Animazione (con la speranza che la leggano tutti i disegnatori che lavorano con me! - a parte i buoni Gabriele Parma e Werner Maresta, che non ne hanno bisogno):
"Comunichiamo un'altrettanto breve nota sulla questione (recemente di nuovo sollevata in rete) sulle "indesiderate" modificazioni redazionali delle sceneggiature. Questo tipo di interventi (che di solito suscitano reazioni quantomeno amareggiate negli sceneggiatori) sono considerati "normali" in alcune redazioni. Si tratta di mettere mano al testo originale dello sceneggiatore e cambiarlo (anche solo in parte), senza il suo consenso. A volte, interventi di questo tipo vengono attuati, sempre senza consultare l'autore, persino dai colleghi disegnatori. La buona creanza (e, sopratutto, la legge) vuole che ci sia invece un confronto diretto con lo sceneggiatore e che nessuna modificazione venga fatta senza il suo consenso scritto. Al di là di eventuali noticelle contrattuali che sembrino dare all'editore un potere di intervento totale senza alcun ulteriore consenso (da verificare caso per caso insieme agli esperti del sindacato), la realtà legale è che interventi di questo tipo sono, di solito, da considerarsi lesivi del Diritto Morale. E il Diritto Morale è, notoriamente, inalienabile. Vale a dire che non si può vendere, non può essere mai, e per nessun motivo, ceduto: resta sempre e solo in capo all'autore stesso (e ai suoi eredi per i tempi previsti dalla legge). Modificare una sceneggiatura (senza consenso esplicito e documentabile) vuol dire proporre al pubblico un'opera finale alterata, e se la modifica viene considerata peggiorativa (dall'autore), può ledere il diritto morale. Questo, ormai, dopo otto anni di vita del sindacato, dovrebbero saperlo tutti gli autori, ma non è male ricordarlo, ogni tanto. Cosa può fare l'autore per tutelare il porprio diritto morale (cioé far ripristinare la sceneggiatura corretta, oppure ottenere un risarcimento per i danni morali, nel caso non sia più possibile ristabilire le condizioni precedenti, oltre a rendere noto il fatto al pubblico)? La soluzione più semplice e meno onerosa è ovviamente quella di far aprire una vertenza sindacale dal sindacato cui l'autore è iscritto (e cercare di risolvere, in modo civile, la questione, con una trattativa diretta tra la rappresentanza sindacale e l'azienda). Se, per qualche motivo personale, l'autore non vuole aprire una vertenza sindacale, può, in alternativa:
-1- aprire una onerosa (in termini di denato e tempo) vertenza legale in proprio (cioè non tramite sindacato) in Tribunale, per capirci, e far valere il diritto morale secondo quanto previsto dall'attuale legge sul diritto di autore.
-2- Richiedere personalmente all'azienda l'applicazione di una dicitura ad hoc che chiarisca in modo inequivoco l'attribuzione di paternità sia della sceneggiatura, sia dei rimaneggiamenti redazionali (o di quelli del disegnatore). Non è gran cosa, ma almeno salva la faccia. Se ci si accontenta, può bastare ed è facile: "Testi: Romualdo Sceneggiatore - Rimaneggiamenti della sceneggiatura: redazione interna - Disegni e ulteriori rimaneggiamenti: Anacleto Disegnatore". Sembra lungo, ma lo è sempre meno di molti disclaimer USA, che sono piuttosto completi (e, correttamente, ci sono anche letterista, colorista ecc.). Intendiamoci, questo escamotage alla "salva-la-faccia-Beghelli" ha un senso solo se l'autore ha firmato un contratto capestro con l'azienda, nel quale la autorizza espressamente a fare modificazioni dell'opera senza consultare l'autore (cioé in contrasto esplicito con la legge sul diritto di autore). Se uno non ha ceduto questo suo diritto, può chiedere ben altro che una semplice dicitura a fondo pagina!
-3- Mettere in linea (nei modi corretti e opportuni) su Internet la propria sceneggiatura originale, commentata in dettaglio (con le relative eventuali critiche ai rimaneggiamenti), darne notizia tramite un lancio d'agenzia e rilasciare magari anche qualche intervista sulla faccenda ogni volta che lo si ritenga opportuno. In questo modo, che è solo un altro escamotage salva-la-faccia-Beghelli, l'autore riesce almeno a mettere in chiaro la propria e l'altrui posizione. Ma, ovviamente, non smuove nulla dal punto di vista legale e, soprattutto, sindacale (cioé di interesse collettivo): di fatto la situazione resta la stessa e si masticherà amaro ogni volta. Ma spostare la brutta figura (almeno in parte: naturalmente internet non raggiungerà tutti gli stessi lettori della rivista) dallo sceneggiatore alla redazione (e/o al disegnatore) potrebbe, forse, aiutare a far diminuire gli interventi inappropriati. S'intende che correttezza vuole che nella eventuale pubblicazione on line si indichino anche gli interventi migliorativi, fatti dagli altri! La pubblicazione della sceneggiatura in rete, come strumento di tutela del proprio diritto morale, è lecita? Questa informazione di dettaglio viene fornita agli iscritti SILF, perché il sindacato deve verificare caso per caso, tenendo conto di tutti gli elementi contrattuali per stabilire la proprietà effettiva del testo ed eventuali limiti del suo utilizzo pubblico.
Ovviamente, in alternativa a tutte queste ipotesi, si può anche semplicemente scegliere, per mille motivi diversi, di continuare a subire in silenzio. O borbottare un poco (ma non più di tanto, giusto per sfogarsi almeno un pochino) in qualche blog, o forum. O cambiare datore di lavoro. O cambiare lavoro. A scelta e con tante altre varianti, ovviamente. Inutile aggiungere che lo stesso discorso sulle modifiche non autorizzate (con eventuali varianti specifiche) può essere fatto per i disegni?"
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